Resort Biafora, relax e cucina gourmet

Sono i “tagliolini al sangue di lepre” che hanno, in un certo senso, fatto la fortuna della famiglia Biafora. Quelli che cucinava il nonno di Antonio, che ora guida la brigata di cucina di uno dei ristoranti più interessanti della Calabria, e che richiamavano, quando arrivava la cacciagione, i lavoratori della zona alla piccola trattoria-bar aperta quarantadue anni fa.

C’erano sedie e tavoli creati coi tronchi e i pini della foresta silana” ricorda Antonio Biaforae mio nonno aveva un piccolo cortile con un recinto per i conigli, così faceva le tagliatelle con sangue di coniglio o di lepre, quando era periodo. Fuori c’era il cartello: ‘qui tagliolini con sangue di lepre’. Il nonno nasceva muratore e così è stato lui a creare gli impianti, quando non era occupato a cucinare a pranzo e a cena”.

La lepre è ancora in menù, ma lo spaghetto col sangue Antonio non lo può più fare, per ovvi motivi. Dal nonno ha preso non solo la passione per la ristorazione, ma anche quella per la dedizione all’impresa di famiglia:

noi lavoriamo molto d’estate per poi investire nel periodo invernale, momento in cui ristrutturiamo e ampliamo la nostra offerta. Siamo sempre aperti, ma d’inverno c’è bassa stagione e ci possiamo dedicare di più al Resort”. Io sono dell’’85” prosegue lo chef “e ho vissuto i lavori che faceva mio nonno con mio padre, che andava a scuola, poi tornava al ristorante e aiutava mio nonno, la sera infine studiava”.

E durante una di queste ristrutturazioni, la famiglia Biafora ha costruito una lussuosa Spa, inaugurata l’anno scorso.

Una scelta obbligata, per creare un servizio aggiunto all’hotel e al ristorante”.

Una scelta che ha portato lustro a una struttura già bellissima, immersa nella natura e circondata da confort e relax. Qui le persone vengono soprattutto per degustare la cucina di Antonio, ma poi restano per farsi coccolare dai massaggi. Da provare, alla Spa, la grotta del sale rosa dell’Hymalaya, dove abbandonarsi a un massaggio rigenerante o rilassante, mentre per i più vigorosi, è d’obbligo la “cascata di ghiaccio”.

Alla Spa è dedicata un’intera struttura, che comprende un bagno turco, due piscine coperte e riscaldate (in cui in una delle quali è possibile dedicarsi all’acqua gym), la sala relax, la vasca idromassaggio, le docce emozionali con cromoterapia e la tisaneria.

Le piscine sono nate per dare un servizio al territorio, perché tra Crotone e Cosenza non c’è una piscina pubblica” spiega Antonio “e avevamo tanti ragazzi che volevano nuotare ma erano senza scuola nuoto, e così facciamo dei corsi nella stagione invernale, per bambini e ragazzi”.

Il Resort 4 stelle è una vera e propria azienda, con quasi 30 dipendenti, nella quale lavora ogni componente della famiglia, come il fratello di Antonio, Luca, che è maître, ma che ha un ruolo di factotum, perché supervisiona un po’ tutto.

I nostri sono ruoli non definiti, ma molto elastici, perché alcune cose non puoi delegarle”, prosegue Antonio, come la manutenzione della caldaia a biomassa e i pannelli solari che i Biafora hanno costruito da dodici anni.

E poi, naturalmente, c’è la cucina, che qui è doppia, una gourmet, dove lo chef si sbizzarrisce con le sue creazioni e la sua voglia di valorizzare la grande materia del prima del territorio, e poi la cucina dedicata alla banchettistica, perché, come spiega lo stesso Antonio, è bene differenziare l’offerta e dare al cliente ciò che vuole. In poche parole, nel suo ristorante lo chef lavora in piena libertà creativa, mentre per i banchetti si cerca di andare incontro alle esigenze degli ospiti.

E per questo che “abbiamo una brigata solo per gli eventi, che sono stagionalizzati da giugno a settembre, con tre persone in pasticceria e nove alla banchettistica”.

Mentre al ristorante sono in quattro. Ed è qui che lo chef dà il meglio di sé e sperimenta, soprattutto con i prodotti del territorio, straordinari e sconsideratamente poco conosciuti, anche dagli stessi calabresi.

Antonio, dopo la scuola di cucina, nel 2010 all’Alma, e uno stage ad Alba, ha lavorato al fianco di chef come Francesco Bracali di Bracali a Massa Marittima o con il compianto Franco Rizzuti, la stella Michelin scomparsa della Basilicata, con cui ha avuto una lunga collaborazione. Ma cosa c’è nei piatti di Antonio Biafora?

C’è tutta la Sila, “che è patrimonio Unesco, e dove si dice che si respiri l’aria migliore d’Europa, un territorio incontaminato. Uso i prodotti della zona, di una terra che ha tanto ma che nessuno conosce: abbiamo cime di rapa eccezionali, ma se pensi alle cime di rapa pensi alla Puglia, così come i gamberi rossi, che richiamano Mazara, ma che qui sono fantastici. Abbiamo cardi straordinari, cicorie, ortiche, tarassaco, il cerfoglio e la carota selvatica, l’anice nero della Sila che costa 300 euro al kg, ma che qui nasce spontaneo e la rosa canina”.

Antonio va una volta alla settimana a raccogliersi i suoi prodotti personalmente:

adesso sto usando tanto la stroncatura che è dalla zona di Gioia Tauro e di Palma (Rc), e che tradizionalmente si dice veniva fatta con la scopatura del mulino, molto ruvida e acida, mentre ora vengono usate varie farine e crusche. Quando è il periodo adatto, uso il cedro, ho un piatto con mandorle, cedro e bottarga, poi “verze e patate”, un piatto in cui bruciamo la verza in forno e con la parte esterna ne facciamo polvere, con quella interna, invece saltiamo la pasta e poi una spuma creata con la buccia della patata. È una ricetta che ho presentato a Cultural a Parigi (il Festival della Cultura Alimentare), mentre a Identità Golose ho rivisitato un piatto con l’intestino del vitello, che ho chiamato Transumanza”.

Lo chef ha usato l’agnello brasato, con sopra polvere di limone, alici sotto sale e senape al pino, un piatto per raccontare la montagna e le tre altitudini che legano la Sila allo Jonio. D’estate invece c’è il Gambero con chutney di more selvatiche, liquirizia e basilico al limone.

Poi la quaglia, che mi ricorda i primi matrimoni che faceva mio nonno, che la serviva lardellata. Ho ripreso il concetto e ho fatto un’affumicatura leggera col pino, una salsa d’acciuga e, quando ci sono, porcini in agrodolce e fiori di sambuco che fiancheggiano tutto il fiume”.

Quando parla dei prodotti della sua terra, ad Antonio brillano gli occhi e si vede che non vede l’ora di tornare in cucina a sperimentare qualche nuova ricetta o a provare qualche nuova combinazione di ingredienti.

Oggi il Resort offre 14 stanze, ma ne sta ristrutturando altre 7, anche se lo chef ha un’altra idea sul loro utilizzo: creare un bistrot, per un’offerta più easy rispetto al ristorante gourmet, così da accontentare una fascia più ampia di clienti. Ora i tavoli sono otto, mentre per la banchettistica il servizio arriva fino a trecento persone, che lo staff segue in maniera non solo esemplare, ma anche cercando di dare qualche tocco di originalità al servizio, come nel caso dell’aperitivo, a cui spesso i Biafora abbinano la birra che producono in un piccolo laboratorio, al posto delle bollicine.

Accanto al piccolo orto di piante aromatiche, il sogno è di costruire, l’anno prossimo, due serre, così da coltivare in loco alcuni dei prodotti così amati dallo chef, che difficilmente però rinuncerà alle sue passeggiate settimanali per i boschi della Sila. Sulle montagne c’è sempre qualche erba o tubero da scoprire.

 

Info: www.biafora.it