Carla Fracci e il Floramundi: Arte & Vino a Donnafugata

L’emozione dei grandi incontri che si ricordano tutta la vita e l’allegria per un nuovo nato a Donnafugata, il Floramundi. A Marsala, tra le mura delle cantine storiche di famiglia, è stata la danza a scrivere una nuova pagina del dialogo tra Arte & Vino che, sin dalle origini, ha ricercato l’azienda siciliana.

L’ha fatto coinvolgendo l’artista e la donna Carla Fracci, la prima ballerina della Scala per antonomasia, in un’intervista intima e giocosa, condotta da un’altra donna, quella del vino, Josè Rallo.

Accanto alla grande ballerina, il maestro e compagno di una vita Beppe Menegatti che, con la signora Fracci, ha ripercorso i momenti di una lunga carriera, costellata di grandi traguardi ma anche della necessità di assolvere al proprio “destino artistico” con totale dedizione e sacrificio. Di fronte ad una platea attenta di giornalisti, amici e collaboratori dell’azienda, l’interprete di tanti ruoli diventati con lei leggendari, ha attraversato la sua vita d’artista e di donna, ricordandone i momenti più belli o insoliti e inusuali, senza retorica e con l’eleganza e la sobrietà diventate simbolo della persona Carla Fracci.

La più grande ballerina italiana di tutti i tempi ha sempre creduto nella sua missione di promozione dell’arte ovunque, dai grandi teatri del mondo, sino ai piccoli teatri di provincia. L’arte va condivisa perché continui a svolgere la sua funzione universale: rendere migliore l’esistenza delle persone, alleggerirne la gravità e lo spirito. Anche in questo troviamo una naturale familiarità con la dimensione del vino e della ricerca della felicità.

L’apice della serata è stato l’autografo con dedica di Carla Fracci posta su una grande bottiglia di Floramundi, il primo Cerasuolo di Vittoria prodotto a Donnafugata, con cui ha suggellato anche un’amicizia tra due donne e due mondi collimanti, lei e José Rallo, la danza e il vino. Se c’è un insegnamento da comprendere da questo incontro avvincente tra Arte & Vino, lo ritroviamo nella comune necessità di non considerare mai raggiunto il vertice della perfezione.