Il Meraviglioso progetto di Mattia Vezzola

Tra i paradigmi più inscalfibili del mondo del vino c’è quello dedicato alla longevità, caratteristica base dei vini di pregio e di lusso, che a detta di molti (francesi) risulterebbe impossibile da raggiungere se non grazie all’acidità, elemento difficilissimo da trovare sotto le Alpi dove esigenze di maturazione delle uve imporrebbero di sacrificare l’acidità stessa in fase di raccolta.

Per molti versi la sfida di Bellavista con Mattia Vezzola è sempre stata questa ovvero dimostrare il contrario e sfatare quindi il mito alimentato ad arte da una parte di critica che non si possano fare vini longevi in Italia per via del clima. Una considerazione che ha da sempre limitato le capacità dei vini italiani di diventare oggetti di lusso e di culto nel mondo del vino perché se manca acidità appunto il vino non dura nel tempo e non può spuntare prezzi alta perché manca la dimensione temporale dell’investimento. Per un grande vino, ci racconta un Mattia Vezzola particolarmente comunicativo in una mattinata di fine primavera, serve una viticoltura attenta con un progetto pluridecennale di selezione massale e una organizzazione aziendale che abbia una impostazione precisa che porti ad una affidabilità dei vini che si attesti attorno ai 150 anni di produzione.

Francesca Moretti e Mattia Vezzola

Un traguardo importante che in realtà accumuna tanta viticoltura italiana che, Langhe a parte, vede negli anni ’70 l’anno zero della moderna viticoltura ed enologia con il lavoro di Antinori e altri produttori tra cui Schiopetto, tra i primi a sperimentare il lavoro di ossidazione controllata sui vini bianchi per garantire maggiore stabilità ai vini in evoluzione.

Una tecnica che Mattia Vezzola apprende e applica alla produzione di Bellavista insieme all’uso dei grandi e grandissimi formati per le bottiglie di spumante che per via della foggia particolare aziendale necessitano lavorazione particolare e accurata. Dopo un grande e lungo lavoro con una vetreria di Trento si arriva al 1983 con tutti i grandi formati rifermentati in bottiglia e non ottenuti per travaso. In questi vini la liqueur viene tirata in maniera da avere una pressione ridotta a 2,5 atm che vive e invecchia lentamente ma in parallelo con resto del vino.

Dal 1984, quando nasce la cuvée di prestigio Vittorio Moretti, ne vengono accantonate qualche 6 e 9lt ogni anno per usi futuri. Quando arriva la 2002 ci si rende subito conto che si poteva cominciare a chiudere un cerchio iniziato quasi venti anni prima ovvero la creazione di una cuvée che utilizzasse le migliori annate in prospettiva evolutiva dei Franciacorta di Bellavista per ottenere il paradigma di longevità della denominazione. Il 2002 è appunto annata particolare, con freddo e nuvole, posticipo vendemmia e grande frutto: l’annata ideale da usare per l’assemblaggio del primo Meraviglioso che nasce appunto da una cuvée 50% vendemmia 2002 di Vittorio Moretti e un 50% di vecchie annate sotto vetro in grandi formati, il tutto tirato poi solo in magnum con tappo sughero.

Con uscita dopo 15 anni ecco un vino unico che può effettivamente rompere pregiudizio su longevità del vino italiano.

Per capirlo meglio assaggiamo in parallelo una 9lt di Vittorio Moretti 2002 (ovvero la più giovane annata confluita nella prima edizione di Meraviglioso) e poi una 6lt di Pas Operè 2008, di certo una delle annate della futura seconda edizione del Meraviglioso. Una cuvée che sarà costruita scegliendo le più adatte annate dalla vendemmia 2003 in avanti e che dovrebbe finire con l’annata 2020 per poi uscire nel 2030 circa sul mercato, sempreché si trovino in questi anni 6 o 7 annate di alta acidità e corpo atte allo scopo.

In ogni caso la base di partenza sarà comunque la Vittorio Moretti ovvero la cuvée che meglio ricalca il carattere del fondatore, generoso ma diretto, brutale ma genuino, pragmatico, sintetico e coinciso, di rara sensibilità, un vino che devi aspettare e che non può essere immediato dotato di energia nascosta, l’opposto di tante cuvèe dolci e con fermentazioni malolattiche che sacrificano durezza e longevità sull’altare della piacevolezza immediata.

2002 Vittorio Moretti 6lt (94/100)

fiore di pesco, tiglio, robinia, gelso, fiore di vite, freschezza di lime e pompelmo rosa, tostato nocciole e zenzero, bocca sapida tesa rocciosa, lunghezza gusto e stile ma un vino ancora in svolgimento ed evoluzione, incenso e miele di corbezzolo, componente di dolcezza da maturità complessiva

 

2008 Pas Operè 9lt (93/100)

agrumi arancio giallo e rosso, ribes rosso e more di gelso, dolcezza e gusto pieno ricco e denso, succo di sambuco, pepe bianco, lime, profilo evoluto ma ricchissimo, zucchero filato e mela cotogna, bocca affilata e succulenta, freschissima e nitida, con riserva di energia e gusto notevoli, odore di spa intenso e rotondo

 

Meraviglioso edizione 1 (97/100)

solo 5mila magnum, cuvée 2002 ultima annata, sboccatura 2015, un vino di eleganza, potenza, strategia e volontà, per Vezzola un “Cassius Clay che incontra Sugar Ray Leonard”, naso pulsante vivo e magnetico, fiori bianchi e gialli , thè bergamotto, ginestra, mandorle, noci pecan, limoni pompelmo zest, incenso, il sorso porta eleganza ed energia, risorse inaspettate sotto una lama di freschezza intrigante e potente che si rivela a poco a poco  in rivoli di mandorle, frutta e note balsamiche croccanti vitali pulsanti. Un vino paradigmatico assertivo e che nasce per uno scopo ben preciso e ci riesce alla grande pur restando di una godibilità eccezionale. Per essere perfetto e assoluto manca un tocco di intima dolcezza ma già sappiamo che si tratta di una rinuncia voluta ad un tocco di piacioneria per assomigliare sempre di più a Vittorio Moretti e il suo carattere.