I numeri dell’Amarone

Atto quattordicesimo per l’anteprima Amarone: apre il sipario, anticipando tutte le primeur italiane. E Verona, nella sua Gran Guardia, diventa la capitale del grande Rosso veronese. Settantotto le aziende protagoniste, che hanno presentato ottantatré Amarone del millesimo 2013 (di cui il 60% ancora in botte).

Tante quest’anno le novità interessanti della manifestazione organizzata dal Consorzio Tutela Vini della Valpolicella. Per la prima volta si è adottata la formula dei tre giorni, ciascuno destinato ad una diversa categoria di pubblico, con un’affluenza ai banchi dei produttori conseguentemente ben gestita.

Il primo giorno, dedicato ai giornalisti (235, tra Italia ed estero, da sedici Paesi diversi), durante il quale si poteva assaggiare nelle sale superiori, serviti dagli efficienti sommelier AIS, i vini o alla cieca oppure ad etichette scoperte, mentre ai piani inferiori si poteva parlare con i produttori e assaggiare anche altre annate. Il secondo giorno è stato rivolto ai wine lover (oltre duemila visitatori, fra i quali tanti giovani) e il terzo agli operatori del settore (300 presenze). Plauso. Altra novità (brave Olga Bussinello, direttore del Consorzio e Federica Schir, ineccepibile responsabile dell’ufficio stampa): finalmente l’evento di apertura per la stampa è stato notevolmente accorciato nei tempi! Si è potuto così iniziare a degustare dalla mattina, riservando tutte le relazioni tecniche ed economiche (che prima occupavano ore ed ore di interventi) ai supporti digitali.

A libera scelta, chi voleva ha potuto assistere alla singolar tenzone fra il giornalista e scrittore Andrea Scanzi e Philippe Daverio, con il suo excursus su vino e arte. Altro plauso. Alla domanda scanziana con quale opera d’arte assocerebbe l’Amarone, Daverio risponde con risolutezza al Barocco. Non ha torto il critico d’arte, ricordiamo i tempi in cui l’Amarone era solo opulenza, potenza, concentrazione, calore alcolico, reso ammiccante da considerevoli residui zuccherini. Alcuni Amarone son rimasti così, molti però han scelto la strada (che alcuni grandi produttori storici non hanno mai abbandonato) del lavoro in sottrazione, dove la grazia, la finezza e l’eleganza contano più dell’esuberanza opima.

L’annata 2013

L’annata è ben esemplificativa del cambiamento climatico in atto. Forte la dicotomia tra la prima fase del ciclo vegetativo, con un clima avverso caratterizzato da precipitazioni frequenti e basse temperature e il secondo stadio, coincidente con la maturazione, nel quale la vite ha sofferto in alcuni casi di stress idrico, a causa del calore imperante. Alcune zone hanno anche subìto delle grandinate. Per l’Amarone comunque gioca sempre un ruolo fondamentale l’appassimento (purché le uve siano sane).

Non è facile definire il profilo organolettico di quest’annata così presto, ci vuole sempre molto tempo prima che gli Amarone si esprimano pienamente (ve lo dico da veronese DOCG, che fin da piccola assaggiava il nostro rosso d’eccellenza nella cantina paterna). Purtuttavia, alla luce di tutti gli assaggi fatti, non lo reputo un millesimo da memoriale. Al netto dei legni ancora dominanti in questa fase, i vini (salvo alcune vibranti eccezioni, nelle quali sono riconoscibili le sfumature del terroir delle valli valpolicellesi) non sono particolarmente impressivi.

In generale sono tecnicamente ben fatti, corretti, giustamente disomogenei (la Valpolicella presenta differenti terreni, a diverse altitudini, e dissimili stili aziendali), ma mancano ancora di quello slancio espressivo di altre annate. Diamogli tempo, questo potrebbe essere un millesimo longevo, che si gusterà appieno con qualche anno sulle spalle. Non è superfluo sottolineare che, mentre assaggiamo in anteprima l’annata 2013, sugli scaffali si può già trovare la 2014. D’altro canto, alcuni campioni assaggiati andranno in bottiglia fra tre, quattro anni.

I numeri dell’Amarone

Per il grande rosso veronese, gli indicatori economici continuano ad essere ampiamente positivi: rispetto al 2015 il giro d’affari ha raggiunto 330 milioni di euro (+5%), l’export ha toccato il 65% (+3%) e la crescita del mercato domestico, che rappresenta il 35% del totale, è stata di un importante 10%. All’estero l’Amarone consolida la sua posizione nei mercati di riferimento quali Germania (18%), Usa e Svizzera (entrambi 11%), Gran Bretagna (10%), Canada e Svezia (7%). Attualmente si producono 14, 5 milioni di bottiglie.

Per dare un’idea del cambiamento in questi ultimi undici anni, ecco che nel 2005 le aziende produttrici di uve della Valpolicella erano 2.646, delle quali 209 imbottigliatrici, nel 2016 sono diventate 2.286, mentre le seconde ora sono 286. Se gli ettari vitati, nel 2005 erano 5.719, nel 2016 sono diventati 7844; i quintali di uva erano complessivamente 598.600 e ora sono 926.420 (+327.820 q.li).

Anche il Consorzio di tutela, (che rappresenta oltre l’80% dei produttori) sul fronte degli associati, ha visto dei cambiamenti: dai 1.743 iscritti del 2005 ai 1.677 di oggi. Le 66 aziende di meno sono in parte dovute a scorpori a causa di successioni, oppure a cessione e acquisti di piccole proprietà, ma anche alla fuoriuscita di aziende per motivi di dissenso sulla gestione della denominazione, come nel caso degli aderenti alle Famiglie dell’Amarone d’Arte che infatti non partecipano all’anteprima.