Quattro pennellate di Masseto
Sei bottiglie per seimila euro è la stima delle ultime aste internazionali dove il nome del vino italiano più quotato e scambiato è sempre e solo uno.
Un Merlot dal fascino senza limiti nato nel 1987 da una costola di un vino già famoso come Ornellaia e che sta arrivano al prestigioso traguardo della propria cantina, un gioiello architettonico e di armonia paesaggistica che ospiterà i primi grappoli forse già dalla vendemmia 2018 insieme ai primi visitatori. Che sono già tantissimi prenotati per l’inaugurazione del sogno della famiglia Frescobaldi finalmente arrivato alla sua completezza.
La completezza di un’idea che ha travalicato di gran lunga il progetto iniziale ma che già da subito si era dimostrato essere un Merlot speciale, proveniente da una strana collina nell’immediato entroterra bolgherese, un collina di ciottoli sabbie, argille e frammenti di rocce di antiche montagne presenti in zona tutte coperte da argilla pliocenica di una palude costiera antecedente alle montagne stesse, una palude che si asciugò dando origine a depositi argillosi in cui si sono insinuati residui marini.
Come ama ripetere Axel Heinz, enologo e sempre più voce narrante della tenuta, “siamo di fronte ad un locus che ha creato tutto il necessario per un vino straordinario a prescindere dall’uomo” con notevole contrapposizione verso chi pensa al Merlot in Toscana come il paradigma del vino costruito a tavolino per il mercato.
Un mercato sempre più goloso e avido di queste 30mila bottiglie annue contese da mezzo mondo e che si trovano per fortuna in gran quantità presso la mitica cantina di Giorgio Pinchiorri che fin dall’inizio credette in questo vino e contribuendo a costruirne il mito. È anche grazie a ristoratori come lui se oggi Masseto viene paragonato ai grandi Merlot in purezza del mondo come Petrus e Le Pin ma dai quali ha sempre mantenuto orgogliosamente le distanze rivendicando le sue origini mediterranee e meridionali.
Grazie alla casa d’Aste Pandolfini, che ha organizzato lo scorso aprile una bellissima asta con tutte le annate a disposizione per i collezionisti è andata in tavola una sontuosa cena per assaporare quattro annate speciali di cui una classica come la 1997, sempre ricercatissima, e tre annate fresche e insolite per questo fuoriclasse.
Masseto 2013 (96/100) è figlio di un’annata dalla fioritura irregolare e molto lunga che ha portato a produzione ridotta e sviluppo molto eterogeno dei grappoli, con estate perfetta, asciutta e soleggiata con qualche ondata di calore e temporali a Ferragosto e conseguente spostamento in avanti della maturazione che ha comportato una vendemmia molto tardiva iniziata il 12 settembre e conclusasi il 25 sotto un sole ottimo ma mai afoso. Masseto 2013 ha note ricchissime di frutta di bosco e speziatura giovane, note di carrube, mirtillo, menta, alloro e cardamomo, un bel frutto netto e cristallino mentre in bocca la trama tannica è intensa e mette a dura prova la bevibilità altrettanto quanto ne metta al sicuro il futuro. Un vino fresco e dinamico che sarebbe ideale far assaggiare a chi pensa al Masseto come vino tutto di intensità, concentrazione e marmellosità.
Masseto 2010 (98/100) deriva da un’annata delle più tardive di sempre a Bolgheri con un ritardo già al germogliamento di 10 giorni che la primavera piovosa e un’estate calda ma non troppo hanno mantenuto costante. Qualche pioggia a settembre ha completato il quadro ma sole, vento e un grande lavoro di sfogliatura ha permesso di arrivare con la vendemmia ad ottobre, creando i presupposti per un vino molto particolare. Il vino è scuro e impenetrabile, roccioso, affumicato e molto scuro di frutta di bosco, cardamomo e ribes nero, tabacco e liquirizia, umorale e selvatico, sapido iodato, sublime per equilibrio estrattivo e tannico, molto bordolese e freddo anche al sorso, allungo e tocco di caffè e ginepro che condisce il grande tono selvatico del ragù di carne misto e frattaglie.
Masseto 2005 (98/100) è uno degli oggetti più misteriosi della storia di Masseto con un’annata di nuovo precoce grazie ad una primavera molto soleggiata e una estate regolare con qualche pioggia in più della media tra giugno e luglio che ha comunque portato già a fine agosto uve dalla grande concentrazione, uve che hanno finito di maturare gradualmente in un settembre caratterizzato da alternanza di sole e piogge che hanno spinto in là la data di vendemmia fino al 30 settembre. Un vino che sa di pepe e menta, note selvatiche e di salsa di pomodoro, tartufo e pizzaiola, cappero, ginepro e umami, struggente e intenso, bocca stupenda polposa e sapida, lunghissima e impressionante per forza ed energia, un fulmine a ciel sereno di immaginifica ricchezza aromatica tenuta a bada da note ferrose iodate che ne scolpiscono il ritmo nella pietra: un vino asciutto muscoloso e complesso che si sublima a tavola oggi in un momento evolutivo straordinario.
Masseto 1997 (95/100) è l’annata che tutti ricordano con le temperature calde della primavera con fioritura anticipata poi gelo a metà di aprile e piogge. Caldo secco poi da maggio e per tutta l’Estate con vendemmia piuttosto precoce dal 25 agosto fino al 7 settembre a dare poca quantità ma uve di buona concentrazione e tannino maturo per una vendemmia che a Bolgheri e in genere per Merlot e Cabernet si è rivelato molto migliore che per il Sangiovese. Il vino ha corredo speziato monstre, caffè, freschezza in bocca sorprendente, rimane splendido e ricercato, sublime e ancora dolcemente bizzoso, si mostra al suo meglio nei suoi vent’anni, forte sapido balsamico, grande pepe e trascendenza, sapido e ancora vitale sorprendente tra i migliori 1997 di sempre.
Quattro annate, quattro pennellate per un grande affresco, un vino unico nel panorama mondiale, un Merlot che non si comporta da tale, che sente tantissimo l’annata (anche se da giovane è difficile da capire data la grande concentrazione) ma la cui dimensione temporale regala una gamma di sfaccettature impressionanti che se da un lato strizzano l’occhio alla riva destra bordolese, dall’altro se ne smarcano a ricercare un genius loci che non può fare a meno di stregare chiunque visiti il vigneto stesso, tappa irrinunciabile per i paladini del terroir.